La capacità di TikTok di catturare e mantenere l’attenzione degli utenti non è casuale, ma il risultato di un design algoritmico sempre più al centro di indagini e azioni legali che ne contestano la natura volutamente “additiva”. Il dibattito non riguarda più solo le abitudini degli utenti, ma la responsabilità della piattaforma nel creare una vera e propria dipendenza.
Un’inchiesta del Washington Post ha gettato luce sul fenomeno analizzando le cronologie di 1.100 utenti per sei mesi. L’indagine ha confermato ciò che molti sospettavano: l’algoritmo, fornendo un flusso infinito di contenuti iper-personalizzati, è eccezionalmente efficace nel convincere le persone a continuare a scorrere, con una media globale che già nel 2023 si attestava su 34 ore mensili per utente. Come ha dichiarato un cinquantenne partecipante allo studio, “mi sento dipendente da TikTok… è così difficile smettere, sapendo che il prossimo scorrimento potrebbe portarmi a un video davvero interessante”.
Questa meccanica è finita nel mirino delle autorità . Già un anno fa, 14 procuratori generali degli Stati Uniti hanno fatto causa a TikTok, sostenendo che l’algoritmo è progettato per creare dipendenza tra i giovani. L’accusa si concentra su elementi specifici come lo scorrimento infinito, le “challenge” rischiose e le notifiche push notturne che disturbano il sonno. A questa si è aggiunta di recente un’azione legale da parte della città di New York, che accusa la piattaforma di alimentare una crisi di salute mentale giovanile.
La pressione non è solo americana. In Francia, una commissione parlamentare d’inchiesta ha raccomandato di vietare la piattaforma ai minori di 15 anni per contrastare la “trappola algoritmica” , definendo TikTok “uno dei peggiori social network” per i contenuti tossici che creano dipendenza. Le prove e le azioni legali si accumulano, spostando l’attenzione dalla responsabilità individuale a quella, ben più grande, di chi progetta questi potenti algoritmi.
Fonte: Agenda Digitale