La spinta per una maggiore regolamentazione dei social media a tutela dei minori sta guadagnando un consenso globale sempre più ampio. Secondo un nuovo sondaggio condotto da Ipsos su oltre 23.000 adulti in 30 Paesi, ben il 71% delle persone è favorevole all’introduzione di un divieto di accesso ai social media per i bambini al di sotto dei 14 anni. Questo dato, in crescita rispetto all’anno precedente, segnala una crescente preoccupazione pubblica per l’impatto delle piattaforme sulla salute mentale dei più giovani.
Il sostegno a misure restrittive è trasversale, anche se con intensità diverse a seconda dei Paesi. Nazioni come l’Indonesia (87%) e la Francia (85%) mostrano un appoggio quasi plebiscitario, mentre in altri contesti come la Germania (53%) e gli Stati Uniti (63%) il consenso, seppur maggioritario, è più contenuto. Alla base di questa tendenza c’è il timore diffuso per gli effetti psicologici e sociali che le piattaforme possono avere sui minori, tra cui ansia, dipendenza, confronto sociale e perdita di autostima.
Il paradosso è che la maggior parte delle grandi piattaforme social, come Instagram, TikTok e X (ex Twitter), vieta già teoricamente l’iscrizione agli utenti al di sotto dei 13 anni. Il problema, come sottolineano gli esperti, non è la mancanza di regole, ma l’estrema difficoltà nel farle rispettare. Molti bambini, infatti, riescono ad aggirare facilmente i blandi sistemi di verifica dell’età , creando profili con dati falsi.
Per rispondere a questa sfida, le aziende tecnologiche stanno investendo in sistemi di age verification più sofisticati, basati anche sull’intelligenza artificiale. Tuttavia, la mancanza di uno standard globale uniforme rende questi sforzi ancora frammentari. La crescente pressione dell’opinione pubblica, certificata da sondaggi come quello di Ipsos, potrebbe però accelerare l’adozione di normative internazionali più stringenti, costringendo le piattaforme a trovare un equilibrio più sostenibile tra crescita e responsabilità sociale.