Sam Altman, CEO di OpenAI, ha confermato un’inversione di rotta strategica che era nell’aria da mesi: la pubblicità arriverà “probabilmente a un certo punto” su ChatGPT. L’apertura, emersa chiaramente durante un’intervista nel podcast “Conversations with Tyler”, è accompagnata anche da una critica feroce al modello pubblicitario esistente, in particolare quello di Google, e dalla promessa di un approccio radicalmente diverso basato sulla fiducia.
Questo segna un netto distacco dalle posizioni passate di Altman, che solo pochi mesi fa aveva definito la pubblicità “un’ultima spiaggia” e una “industria momentanea”. Aveva affermato di “odiare gli annunci come scelta estetica” e di apprezzare il fatto che gli utenti paganti di ChatGPT sapessero che le risposte “non erano influenzate dagli inserzionisti”.
La svolta è arrivata da un’ammissione personale. In una recente intervista, Altman ha rivalutato la sua posizione: “Amo gli annunci di Instagram, mi hanno aggiunto valore, ho trovato cose che non avrei mai trovato”. Ora, la nuova posizione è che “forse gli annunci non fanno sempre schifo” e che “probabilmente esiste qualche prodotto pubblicitario interessante che possiamo realizzare e che sia una vittoria netta per l’utente”.
Il punto centrale del ragionamento di Altman è la netta contrapposizione con il modello di Google. Il CEO di OpenAI ha sferrato un attacco diretto alla logica della search advertising: “Gli annunci su una ricerca Google dipendono dal fatto che Google faccia male il suo lavoro”. Secondo Altman, se Google fornisse sempre la risposta migliore e definitiva, “non ci sarebbe motivo di comprare un annuncio sopra di essa”. Questo, nella sua visione, crea un disallineamento, mentre ChatGPT, essendo pagato dagli utenti, “sta almeno cercando di darti la risposta migliore”.
Su questa base, Altman delinea come non dovranno essere gli ads su ChatGPT: è escluso categoricamente il “pay-to-play”. Accettare pagamenti “per mettere un hotel peggiore sopra uno migliore” sarebbe “catastrofico” per la relazione di fiducia con l’utente.
Il modello che Altman ritiene “probabilmente OK” è quello della commissione sulla transazione, simile a un’affiliazione evoluta. In questo scenario, ChatGPT raccomanda la risposta che ritiene migliore, senza alcuna influenza esterna. Se l’utente decide di acquistare o prenotare quel servizio tramite il chatbot, OpenAI tratterrebbe “la stessa commissione che prenderebbe da qualsiasi altro hotel” (precedentemente ipotizzata intorno al 2%).
Nonostante la visione filosofica, la spinta verso la monetizzazione è concreta. Un documento interno trapelato indica che OpenAI punta a 1 miliardo di dollari di nuove entrate nel 2026 proprio dalla “monetizzazione degli utenti gratuiti” (leggi: pubblicità ). L’azienda, inoltre, sta attivamente “assumendo personale” per costruire la futura piattaforma pubblicitaria. Sebbene Altman continui a sostenere che questa non sia la “più grande opportunità di guadagno” e di non avere ancora “idea” di come sarà l’annuncio finale, la direzione sembra ormai tracciata.
Fonte: Search Engine Land